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A sinistra della Libia

09/05/2009

Roma. Fino a ieri mattina la vicenda del “respingimento” in Libia della nave carica di immigrati sembrava destinata a seguire il copione abituale, con tutto il centrodestra a difendere il ministro Roberto Maroni e con il Pd a parlare di “leggi razziali” e “rischio razzismo”. Tanto più dopo le dure critiche arrivate sia dall’Onu sia dalla chiesa cattolica. Critiche che nel Partito democratico, com’era facile attendersi, non si esita a rilanciare. “Ha ragione monsignor Marchetto – dichiara ad esempio Rosy Bindi – si tratta di un’evidente violazione dei diritti umani. La condanna dell’Onu, come quella di tutte le principali organizzazioni non governative, dovrebbe far riflettere il ministro Maroni: per l’Italia non si tratta di una vittoria ma di una vergogna”.
Fin qui, appunto, il copione abituale; che ieri però non tutti hanno deciso di seguire. Di sicuro non Piero Fassino. “Il respingimento alle frontiere è un’azione legittima di contrasto dell’immigrazione clandestina, prevista da tutti i documenti dell’Unione europea e dagli accordi internazionali”, dice l’ex segretario dei Ds, in un’intervista rilasciata al mattino a Radio 24. “E praticato anche durante il governo di centrosinistra”, aggiunge. Una dichiarazione che nel Pd coglie molti di sorpresa. “Forse Fassino non ricorda esattamente le differenze tra noi e il centrodestra”, replica Rosy Bindi.
Il punto è la mancata identificazione degli immigrati, necessaria a verificare ad esempio il loro diritto all’asilo. Di qui la protesta dell’Onu, che in mattinata Massimo D’Alema dice di condividere pienamente, prima che un giornalista lo informi delle dichiarazioni appena pronunciate da Fassino. “Non le ho lette”, replica D’Alema. Del resto, lo stesso ex segretario dei Ds aveva riconosciuto come legittime, almeno “in teoria”, le obiezioni dell’Onu, aggiungendo però che in pratica la procedura è “molto complessa e molto difficile da gestire”. Soprattutto quando si è in alto mare. Secondo Giorgio Tonini, invece, anche in questo caso “bisogna fare come si è sempre fatto, con una procedura più lunga e magari impopolare, ma più giusta: accoglienza, identificazione, e poi, eventualmente, espulsione”. Fassino però non è il solo a vederla diversamente. “Non ritengo che sia sbagliato rimandare indietro le navi, richiamando alla responsabilità paesi che fanno da piattaforma al traffico di uomini”, dice Sergio Chiamparino. Naturalmente “con la massima attenzione ai loro diritti”, prosegue il sindaco di Torino. Attenzione ai diritti, ma anche attenzione a “non fare il gioco dei trafficanti di esseri umani”.
Gli accordi con la Libia servono a evitare che queste navi salpino, sostiene invece Pierluigi Castagnetti, ma quando arrivano “è evidente che bisogna accertare se ci siano donne incinte, rifugiati che abbiano diritto all’asilo… su queste cose non si può andare ‘a occhio’, non si possono introdurre delle prassi che di fatto configurano delle violazioni dei diritti umani fondamentali”. E proprio per questo il Pd deve rinunciare all’idea di “rincorrere la Lega” su un terreno simile, aggiunge Castagnetti, toccando il punto politicamente più delicato. Perché se Fassino è il primo a rifiutare un dibattito in cui tutto si riduca a un “quiz in stile lascia o raddoppia”, dove non si riesce mai a parlare del merito e “ti si domanda solo con chi stai”, è indubbio che nel Pd la battaglia interna sul modo in cui al Nord occorre confrontarsi con la Lega non si è mai chiusa. E taglia trasversalmente il partito, senza rispettare alcun confine interno: né quello dei partiti di provenienza, né quello delle “correnti” – o “aree”, se si preferisce – di appartenenza. Una battaglia interna che va avanti sin dai tempi delle primarie, quando ad esempio Barbara Pollastrini (ex diessina, vicina a D’Alema) dava del “leghista di sinistra” a Filippo Penati (ex diessino, vicino a D’Alema). Di qui – anche di qui – l’estrema sensibilità del nervo toccato ieri da Fassino. Tanto più nel pieno di una campagna elettorale che nel Pd è anche, per forza di cose, una campagna congressuale, con le assise già previste per ottobre. E forse è anche per questo che ieri sera, richiesto di un commento, il portavoce di Dario Franceschini si limitava a dire che “il segretario è impegnato all’Ipercoop e non può rispondere”. In quel momento, infatti, Franceschini si trovava all’Ipercoop di Ferrara. Da dove, pochi minuti dopo, avrebbe rilasciato la seguente dichiarazione: “Contro la politica sulla sicurezza del governo Berlusconi ormai hanno parlato tutte le organizzazioni internazionali umanitarie e la Chiesa. Per una volta penso sia meglio affidarsi alla loro parola, perché non sembri che anche in questo caso ci sia un attacco strumentale dell’opposizione”. (il Foglio, 9 maggio 2009)

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  1. 09/05/2009 16:06

    La questione dell’accordo con la Libia sta facendo impazzire i radicali, che con la bava alla bocca e dopo mille interrogazioni non riescono a conoscerne i contenuti. Io sospetto che contenga soldi (che ci sono sempre e sono, alla fine, poco importanti) e cose sgangherate. Ma tutto è inconfessabile.

    In linea di principio il non fargli toccare terra fa un po’ orrore anche a me, c’è gente (almeno statisticamente la metà) che avrebbe diritto all’asilo, c’è gente in condizioni di salute orribili….insomma, fa un po’ schifo lasciarli in mare, non c’è dubbio.

    Ma poi che fai? Non ha torto Fassino, il respingimento è un’opzione adottata da tutti. Forse e addirittura l’unica che potrebbe portare ad un ridimensionamento, almeno parziale, dei tentativi. Mi sembra ovvio che, sapendo che non c’è modo, un certo numero lascerebbe perdere.

    Boh, il fatto è che qualunque opzione è una schifezza, non credo esistano soluzioni che non siano parzialissime dal punto di vista dei risultati e anche dure da digerire dal punto di vista dei diriti umani. Come quasi sempre…..ho solo dubbi.

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